La Corte di cassazione civile, sez. II, con sentenza del 05-10-2009, n. 21271, ha stabilito che i comuni possono far pagare le auto con contrassegno arancione che parcheggiano nei posti auto segnati con le strisce blu. In primo luogo va evidenziato che in questa sentenza la Corte di cassazione ha ribadito due punti a favore delle persone disabili: in primo luogo ha ribadito che è dovere della Repubblica agevolare la mobilità delle persone disabili con la propria auto;
in secondo luogo la Corte ha ricordato che per i comuni è una facoltà, e non un dovere, far pagare i disabili per parcheggiare la propria auto nelle strisce blu. Tuttavia, nella sentenza in esame, il punto a svantaggio dei disabili è che la Corte di cassazione ha stabilito che i comuni possono far pagare il parcheggio nelle strisce blu. Il ragionamento centrale della Corte in proposito è che la mobilità dei disabili viene agevolata facendo sì che queste persone riescano a trovare i posti liberi dove parcheggiare. Mentre, sempre secondo la Corte, è del tutto insignificante se poi i disabili devono pagare.
E qui “casca l’asino”. In primo luogo, certo, per gli stipendi da nababbi dei magistrati della Corte di cassazione, è importante trovare il posto dove poter parcheggiare, poi non conta niente se alla fine della giornata ci sono da pagare 5, 10, o 15 euro. Il discorso è ovviamente ben diverso per un disabile costretto a sopravvivere con una pensione di € 270 al mese, cioè, si noti bene, da un trentesimo ad un quarantesimo dello stipendio mensile di un magistrato della Corte di cassazione. In questi casi anche 5 euro al giorno fanno una differenza enorme.
E’ evidente che la magistratura deve avere ben presente questa differenza concreta. Se questa differenza non viene tenuta nella dovuta considerazione vuol dire non tener presente gli artt. 2 e 3 della Costituzione nonché il co. 3 dell’art. 2 della legge 1 marzo 2006, n.67, secondo il quale: “Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.”
Ed è evidente che, costringendoli a pagare per il parcheggio nelle strisce blu, i disabili vengono messi in una posizione di svantaggio rispetto alle altre persone. Infatti la pensione di invalidità civile è molto più bassa di un qualsiasi reddito dal lavoro o da pensione. Inoltre è ampiamente dimostrato che, in media, le retribuzioni, e quindi anche le pensioni dal lavoro, delle persone disabili sono molto più basse di quelle delle persone cosiddette normodotate. C’è poi il fatto che i parcheggi a pagamento nelle strisce blu vengono istituiti per scoraggiare le persone ad utilizzare l’auto.
In altre parole, se non vuol pagare il parcheggio nelle strisce blu, molto spesso una persona normodotata può cavarsela con il motorino, la bicicletta, gli autobus, camminando a piedi ecc. Viceversa per moltissime persone disabili tutto questo è impossibile. Ovvero per moltissime persone disabili l’unica alternativa a non parcheggiare nelle strisce blu può essere quello di non uscire di casa. Quindi, anche sotto questo profilo, far pagare i disabili nelle strisce blu significa violare gli artt. 2 e 3 della Costituzione e la legge 67 del 2006.
Infatti il costo del parcheggio nelle strisce blu finisce per risolversi in una tassa sulla disabilità. A tutto questo si può poi aggiungere un’ulteriore discriminazione perché spesso le macchinette per pagare il parcheggio nelle strisce blu sono troppo lontane ed inaccessibili per chi ha consistenti difficoltà motorie. Quindi non ci si può arrendere di fronte a questa sentenza e, se necessario, vanno fatti altri ricorsi alla magistratura. Infatti le sentenze della Corte di cassazione contano sì molto, però capita poi anche che in successive sentenze la Corte cambi il proprio orientamento. Inoltre è importante far notare ai comuni i limiti che ci sono in questa sentenza.
E’ realistico ritenere che dietro a questa sentenza, come dietro ad altre, ci siano tre notevoli problemi. Il primo è che molto probabilmente i magistrati, che hanno deciso questa sentenza, non conoscono la realtà della vita concreta dei disabili. Il secondo problema è che gli alti magistrati vivono una vita troppo privilegiata, in un mondo troppo staccato dalla realtà della vita della maggior parte delle persone. E, siccome, come tra tutte le persone, anche fra i magistrati c’è chi è meno capace di utilizzare l’intelligenza in maniera veramente completa, quando capita che sono queste persone a decidere, il mondo di privilegi in cui vivono può impedire di capire la realtà. E’ chiaro che l’assenza di privilegi di per sé non è affatto garanzia di capacità di capire le cose. Però tale assenza di privilegi diventa uno straordinario ausilio quando è unito alla padronanza di taluni strumenti cognitivi.
Il terzo problema è che, fino all’avvento della Costituzione, i magistrati si trovavano a dover decidere su una tipologia di questioni abbastanza limitata. Man mano che viene attuata la Costituzione, ed in particolare a seguito degli artt. 2 e 3, i magistrati si trovano a dover decidere su una sfera molto più ampia di questioni. Ed è allora molto difficile che una stessa persona fisica (magistrato) possa conoscere tutte le questioni per le quali è oggi necessario rivolgersi al giudice. È evidente che la responsabilità prima di tutto ciò è di chi fa le leggi, quindi del Parlamento e dei Consigli regionali.
Infatti dovrebbero essere fatte leggi più precise, che stabiliscano con più chiarezza quali sono i diritti ed i doveri dei cittadini. Cosicché poi per i magistrati diventi più facile prendere le decisioni. Tuttavia sorge un altro problema e cioè che, per far sì che l’amministrazione della giustizia si avvicini un po’ di più alla giustizia secondo i parametri stabiliti dagli artt. 2 e 3 della Costituzione, sarebbe necessario dimezzare gli stipendi degli alti magistrati in modo che questi possano fare una vita più vicina alla realtà concreta della stragrande maggioranza delle persone. Si badi bene, con questo non si vuol affatto cavalcare la tendenza a colpire la magistratura. Viceversa se ne vuole esaltare il ruolo perché la vera forza sta nell’essere vicini alla vita reale. ____________________________________________________________________________________
Fonti: http://www.avitoscana.org/?q=node/70