Umberto Bossi ha lanciato una nuova proposta ovvero, “Tassare il vizio del fumo per non tassare la salute”. L’idea è quella di aumentare le accise sul tabacco e cancellare in questo modo il ticket su specialistica e diagnostica. Ieri la proposta è stata recepita dalle Regioni, ma il Governo per ora prende tempo e rimanda la decisione al Consiglio dei Ministri in programma oggi. I ministri della Salute Fazio e degli Affari regionali Fitto hanno fatto capire che sottoscriverebbero la proposta, ma che il problema in realtà è convincere anche il Ministero del Tesoro, che fino ad ora non ha mostrato grande interesse a riguardo. Infatti si teme che l’aumento delle accise sui tabacchi, causando una caduta dei consumi con relativo minor introito per l’erario, finisca per non garantire i milioni di euro che nel 2011 (381) e nel 2012 (834) dovrebbero essere assicurati dal ticket su visite specialistiche, analisi e accertamenti diagnostici.
Lo scrive il giornale La Stampa, che prosegue così: “L’idea della tassa sul fumo in antitesi a quella sulla sanità è stata invece sposata in pieno dalla Conferenza delle regioni”. Vasco Errani, presidente della conferenza, ha commentato così la notizia: “Noi in passato avevamo già affrontato l’ipotesi di una possibile copertura con il fumo dei costi del servizio sanitario nazionale e tutto ciò ci sembra ancora giusto perché premierebbe comportamenti utili alle persone”.
Secondo Errani, l’eventuale aumento delle accise “potrebbe avere carattere strutturale”, servire cioè a togliere definitivamente dalla circolazione il ticket di 10 euro: obiettivo raggiungibile con un aumento dell’accise, sempre secondo Errani, “di pochissimo, ovvero qualche decina di centesimi”. Anche dall’opposizione arriva il plauso all’iniziativa: “Mi secca ammetterlo ma per una volta sono d’accordo con Bossi”, rivela il governatore toscano Enrico Rossi, che aggiunge: “L’importante è che il ticket aggiuntivo sulla specialistica e la diagnostica sia cancellato perché è proprio il maggior uso di queste prestazioni che consente il miglior monitoraggio sanitario della popolazione”.
Il capogruppo alla Camera della Lega, Marco Reguzzoni, sostiene quest’idea snocciolando numeri: “In Italia si consumano ogni anno 5 miliardi di pacchetti di sigarette, basterebbe un aumento di un euro per mettere in cassa 5 miliardi sicuri, perché le accise lo Stato le incassa automaticamente, quelle dei ticket sono invece entrate presunte, tanto più che molti cittadini andranno al privato, per molte prestazioni più conveniente del pubblico con il ticket aggiuntivo. E poi non è detto che l’aumento dell’accise ricadrebbe automaticamente sui fumatori, visto che altre volte è stato assorbito dai produttori, senza dimenticare che in Italia i prezzi delle sigarette sono i più bassi d’Europa”.
Me è di stamane la notizia che il Governo nazionale ha bocciato la proposta delle Regioni di aumentare le accise sul tabacco per eliminare i ticket sanitari. I cittadini, dunque, dovranno fare i conti con diverse tipologie di ticket: 10 euro per le visite specialistiche, 25 per il codice bianco al pronto soccorso e 2,50 per le ricette farmaceutiche. Quest’ultimo costo, introdotto dalla Regione in sede di assestamento di bilancio, ha scatenato in Basilicata un acceso dibattito politico. Si tratta di un ticket nato per bilanciare il mancato introito derivante dall’aver previsto più fasce di esenzione: innalzamento della soglia di reddito, ragazzi fino a 16 anni, ultra65enni, disoccupati, cassintegrati, persone che soffrono di patologie croniche. “La contrarietà delle Regioni ai ticket – ha sottolineato il governatore lucano, Vito De Filippo, all’uscita dalla Conferenza Stato-Regioni di ieri – resta, ma di fronte alla chiusura del Governo per ora non si può fare a meno che applicare la legge. La sostituzione del gettito derivante dalla compartecipazione alla spesa sanitaria con gli introiti di una più alta tassa sul tabacco resta sul tavolo, ma al momento non trova applicazione. La dura realtà, con cui in Basilicata abbiamo fatto i conti dal primo momento, è la scelta di non applicare la legge, rischiare il danno erariale e, ancor di più, mettere a repentaglio i conti della sanitá regionale e il funzionamento del sistema, o adeguarsi a quanto viene imposto da Roma”.