Al momento di stendere questa analisi, non esiste ancora un testo ufficiale della Manovra correttiva che il Governo ha approvato – come Decreto legge – il 25 maggio 2010 e che è stata presentata il giorno successivo dal Ministro Tremonti e dal premier Berlusconi.
Questa prima analisi si basa su testi non ufficiali e quindi è passibile di modifiche nelle prossime ore e nei prossimi giorni.
La Manovra approvata dal Consiglio dei Ministri ha comunque ancora parecchia strada da percorrere prima di diventare una legge. Oltre alle modificazioni del decreto legge in sede di conversione definitiva del Parlamento, sono prevedibili ulteriori aggiustamenti e correzioni da parte dello stesso Governo.
Sembrano rientrate, per ora, le intenzioni espresse dal Ministero dell’economia che prevedevano l’introduzione di un limite reddituale massimo ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento. Si era parlato, lo rammentiamo, di 25mila euro di reddito personale.
Vediamo, a titolo di cronaca, quali sono le novità che riguarderebbero gli invalidi civili, se il testo divenisse definitivamente legge. L’articolo 10 (del testo non ufficiale) è quello che tratta di “Riduzione della spesa in materia di invalidità”.
Invalidi parziali
L’assegno mensile di assistenza è attualmente riconosciuto agli invalidi civili parziali (dal 74% al 99% di invalidità accertata), di età compresa fra i 18 e i 65 anni di età.
Per godere dell’assegno sono previste altre due condizioni oltre a quella sanitaria: risultare inoccupati e iscritti alle liste di collocamento e non superare il limite reddituale annuale di 4.408,95. Un limite molto basso, quindi. L’importo dell’assegno è di 256,67 euro mensili (importo 2010) per un totale annuo di 3336,71 euro.
La Manovra interviene sulla percentuale minima di invalidità richiesta per la concessione dell’assegno: sarà elevata all’85% a partire dal primo giugno 2010. Rimangono fermi gli altri requisiti reddituali e di inoccupazione. Il limite varrà solo per le nuove domande.
Con questa disposizione non si colpiscono i disabili “più gravi”, ma sicuramente quelli che attualmente hanno meno tutele, meno garanzie. Persone escluse dal mondo del lavoro e comunque con un reddito personale bassissimo, già sottoposte a requisiti molto stringenti, oltre all’obbligo della dichiarazione annuale di iscrizione alle liste di collocamento.
Rimane il dubbio sull’effettivo impatto economico, sui bilanci dello Stato, di questa misura.
Facciamo due conti. Nel 2009 i titolari di assegno mensile di assistenza erano 273.726 (fonte: INPS) e – come già – detto la percentuale richiesta 74-99%, l’importo mensile 256, l’importo annuale 3.328. Dal primo giugno 2010 si eleva la percentuale minima all’85%.
Supponiamo per assurdo che ci siano 50.000 nuovi casi (cioè oltre il 20% dell’attuale universo) in un anno e di questi casi a tutti venga riconosciuta un’invalidità inferiore all’85% In questa ipotesi il risparmio sarebbe di 166.400.000 euro (50mila x 3.328 euro), che comunque è un ammontare non significativo nei bilanci dello Stato.
Ovviamente non è pensabile che le domande siano 50mila: negli ultimi anni si sono registrati mediamente fra i 10 o 15 mila nuovi casi l’anno.
Non è credibile nemmeno che tutte le percentuali di invalidità riconosciute siano inferiori al 85%. Quindi 166 milioni non sono raggiungibili nemmeno lontanamente.
Osservando gli incrementi degli assegni degli ultimi anni, si può pensare realisticamente ad un numero vicino a 15.000. Dobbiamo supporre che comunque una parte di questi abbia i requisiti per superare l’85% di invalidità.
Ad essere pessimisti (o ottimisti) possiamo realisticamente supporre che vengano escluse 10mila persone in forza delle nuove regole. Se questo è vero il risparmio annuo sarebbe di euro 33.280.000. Una cifra assolutamente limitata rispetto ai danni che provoca e alle aspettative del Governo.
Revisioni
Il secondo comma dell’articolo 10 estende l’istituto della “rettifica per errore” – già previsto per le malattie professionali e le invalidità per lavoro – anche per le prestazioni di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap, disabilità e alle prestazioni di invalidità a carattere previdenziale (cioè le pensioni di invalidità concessa in costanza di attività lavorativa).
Questo significa che l’INPS potrà rettificare, in qualunque momento, le prestazioni erogate, in caso di errore commesso in sede di attribuzione, concessione o erogazione.
L’INPS può procedere alla revisione entro 10 anni, decorrenti dalla data dell’originario provvedimento errato. I termini rimangono illimitati in caso di dolo o colpa grave dell’interessato, accertati giudizialmente.
La disposizione, al pari di quella vigente per le malattie professionali, è retroattiva in forza anche di una specifica Sentenza della Corte Costituzionale del 2005.
Questa disposizione consente un’ancora maggiore copertura normativa ai controlli, ma pone anche un dubbio giuridico di non poco conto rispetto all’efficacia della Legge 80/2006 che ha previsto che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento o di comunicazione, siano esonerati da ogni visita medica finalizzata all’accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap. Con la nuova disposizione si concede la possibilità all’INPS di aggirare quella norma di tutela delle disabilità più gravi.
Responsabilità dei medici accertatori
Il terzo comma rafforza quanto già previsto in materia di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (articolo 479 del Codice Penale) ed estende alcune norme già vigenti in materia di false attestazioni o certificazioni.
Le nuove disposizioni riguardano i medici che intenzionalmente attestano falsamente uno stato di malattia o di handicap da cui cui consegua il pagamento di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.
Se quei trattamenti economici vengono revocati per “accertata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari”, il medico può essere punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600.
È inoltre obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di trattamenti economici di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità nei periodi per i quali sia accertato il godimento da parte del relativo beneficiario, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.
L’aspetto ancora più decisivo è che gli organi organi competenti alla revoca (Commissioni di verifica) sono tenuti ad inviare copia del provvedimento alla Corte dei conti per eventuali azioni di responsabilità. Quindi, in ogni caso, i medici vengono “segnalati” alla Corte dei conti.
La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto (si tratta di “penale”) comporta, per il medico, la radiazione dall’albo e se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione.
Va rilevato che l’effetto della nuova disposizione non riguarda solo i medici delle Commissioni delle Aziende Usl, ma anche i medici delle Commissioni di verifica (INPS), ancora più dopo l’entrata in vigore dell’articolo 20 della Legge 3 agosto 2009, n. 102 che prevede sia che le Commissioni Usl siano integrate con un medico INPS che “in ogni caso l’accertamento definitivo è effettuato dall’INPS”. Ci si potrebbe, quindi, trovare nella “paradossale” situazione che l’INPS debba segnalare i propri medici alla Corte dei Conti.
Falsi invalidi
500.000 verifiche totali entro la fine del 2012: 100.000 nel 2010, 200.000 per il 2011 e 2012.
Le effettuerà l’INPS che già ha gestito il piano straordinario nel 2009 con 200.000 controlli sulle singole posizioni degli invalidi civili.
Quindi, fra il 2009 e il 2012 saranno state controllate 700.000 persone. Un’operazione amministrativa imponente oltre che onerosa.
L’operazione di controllo straordinario, si aggiunge alle routinarie attività di verifica che l’INPS dal 2004 effettua su tutti i verbali emessi dalle Aziende Usl.
Accertamento dell’handicap ai fini “scolastici”
La Manovra entra anche nel merito delle certificazioni di “alunno con handicap” con due evidenti convinzioni di fondo non del tutto infondate: che le attuali certificazioni siano poco precise rispetto all’indicazione della gravità e della natura delle patologie; che le successive indicazioni di necessità di sostegno educativo in realtà mascherino la necessità di assistenza alla persona che spetta agli enti locali e non all’amministrazione scolastica.
Il decreto legge pertanto fissa con chiarezza l’obbligo per le Commissioni ASL di indicare nei verbali se la patologia è stabilizzata o progressiva e di specificare l’eventuale carattere di gravità dell’handicap.
L’accertamento deve tener conto delle classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se questo riferimento generico alluda all’ICD (Classificazione internazionale delle malattie) o all’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e della disabilità) o a entrambi, lo si comprenderà in seguito.
Nello stesso comma è precisato che la Commissione che accerta la sussistenza della condizione di handicap è responsabili di ogni eventuale danno erariale derivante da valutazioni scorrette.
Novità anche per il PEI, redatto successivamente alla certificazione di alunno con handicap. Il PEI – Piano Educativo Individualizzato – è uno strumento di programmazione della vita scolastica degli alunni con disabilità: evidenzia le necessità di integrazione, le risorse necessarie e impone delle responsabilità. Prevede sia interventi di carattere scolastico che altre misure finalizzate alla socializzazione e alla riabilitazione dell’alunno. Il PEI viene redatto ogni anno dagli operatori che seguono l’alunno e può essere modificato in caso di nuove o diverse esigenze.
Il decreto precisa che nel PEI deve essere “compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno, che devono essere esclusivamente finalizzate all’educazione e all’istruzione, restando a carico degli altri soggetti istituzionali la fornitura delle altre risorse professionali e materiali necessarie per l’integrazione e l’assistenza dell’alunno disabile richieste dal piano educativo individualizzato.”